Le principali condizioni di disagio psichico nelle pagine dedicate ai quadri clinici di più frequente riscontri

I disturbi dell’umore, comportano alterazione della sfera emozionale gravi e invalidanti, dall’estrema tristezza e distacco emotivo che caratterizzano la depressione, allo stato di estrema esaltazione e irritabilità della mania.

I principali disturbi dell’umore individuati dal DSM sono:

  • Disturbo depressivo maggiore
  • Disturbo depressivo persistente
  • Disturbo disforico premestruale
  • Disturbo da diregolazione dell’umore dirompente
  • Disturbo bipolare I
  • Disturbo bipolare II
  • Disturbo ciclotimico

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Disturbo Depressivo Maggiore

I sintomi principali della depressione sono uno stato di profonda tristezza e/o l’incapacità di provare piacere. La tristezza fa parte dell’esperienza comune nel corso della vita, ma il più delle volte tali esperienze non hanno un’intensità e una durata tale da giustificare una diagnosi clinica. I sintomi della depressione possono variare. Quando una persona sviluppa un disturbo depressivo, la sua mente può riempirsi di recriminazioni rivolte contro sé stessa. I pensieri di queste persone possono focalizzarsi sui propri difetti e sulle proprie manchevolezze. Prestare attenzione può diventare un compito estenuante da rendere difficile per queste persone assimilare ciò che hanno letto o udito.

 
 

Inoltre, esse tendono a vedere le cose in una luce molto negativa e a perdere la speranza. Inoltre, in queste persone si può manifestare una grave perdita di iniziativa. Il ritiro sociale è un sintomo molto comune nella depressione, e spesso queste persone preferiscono restare da sole in disparte e rimanere in silenzio. In molti casi queste persone trascurano il proprio aspetto fisico. Quando arrivano al fondo dell’abbattimento, sentendosi avvilite e prive di speranza, spesso arrivano a concepire pensieri suicidi. La depressione comporta spesso anche sintomi fisici, come stanchezza e scarsa energia, oltre a dolori e varie algie.

Questi sintomi posso essere cos’ gravi da convincere la persona di soffrire di una grave malattia fisica, nonostante sia impossibile identificarne una base organica evidente. Sebbene in generale si sentano esauste, le persone che soffrono di depressione possono avere notevoli difficoltà a prendere sonno e durante la notte si svegliano spesso. Altre dormono tutto il giorno. Chi soffre di depressione può trovare i cibi privi di sapore e non sentire più appetito o, al contrario, provare un notevole aumento dell’appetito.L’interesse sessuale scompare. In certi casi si ha un rallentamento dei pensieri e dei movimenti (rallentamento psicomotorio), mentre in altri la persona non riesce a stare seduta e continua a camminare avanti e indietro, agitando e torcendo le mani (agitazione psicomotoria).

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Disturbi Bipolari

Nel DSM 5 si individuano tre forme di disturbo bipolare:
1. il disturbo bipolare I;
2. il disturbo bipolare II;
3. il disturbo ciclotimico.

Ognuno di questi disturbi è caratterizzato da sintomi maniacali; i diversi tipi di disturbo bipolare si distinguono in base alla gravità e alla durata dei sintomi maniacali. Questi disturbi sono definiti bipolari perché la maggioranza degli individui che manifestano i sintomi della mania esperiscono, nel corso dell’esistenza, anche quelli della depressione (mania e depressione sono considerate due polarità opposte.

La mania è uno stato di forte esaltazione, irritabilità e attività accompagnato da ulteriori sintomi. Durante un episodio maniacale le persone agiscono e pensano in modi altamente insoliti rispetto alle loro modalità normali. Il soggetto può diventare più chiassoso, talvolta produce un flusso incessante di commenti che può essere pieno di giochi di parole. Questo flusso di parole può essere difficile da interrompere e la persona può saltare rapidamente da un argomento all’altro. Durante un episodio maniacale il soggetto può diventare socievole fino all’invadenza e fin troppo sicuro di sé.Può smettere di dormire e restare incredibilmente pieno di energia. I tentativi degli altri di correggere questi eccessi possono rapidamente disturbarlo o perfino scatenare la sua rabbia. L’episodio maniacale tende ad avere un esordio rapido e improvviso, nell’arco di un giorno o due.

A molte di queste persone, il senso di energia sconfinata, le esplosioni di gioia e l’incredibile grandiosità degli obiettivi possono apparire qualcosa di positivo, per cui alcuni non colgono negli improvvisi cambiamenti un segno di malessere.Spesso è incurante delle possibili conseguenze disastrose dei suoi comportamenti, che possono andare da rapporti sessuali a rischio, a spese superiori alle sue possibilità, a guida imprudente. Il DSM 5 include anche i criteri per diagnosticare l’ipomania. Il prefisso ipo – deriva dal greco e significa meno, sotto; nel caso di ipomania sta ad indicare un cambiamento della funzionalità che non causa gravi problemi. La persona con ipomania può sentirsi più socievole, incline al flirt, energica e produttiva.

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Disturbo Ciclotimico

E’ il secondo disturbo cronico dell’umore. Nel disturbo ciclotimico il soggetto presenta sintomi frequenti ma lievi di depressione, alternati a sintomi di lieve mania. Benché i sintomi non raggiungano la gravità cui arrivano negli episodi maniacali o depressivi conclamati, questi soggetti e le persone che vivono a stretto contatto con loro notano tipicamente fluttuazioni dell’umore.

Epidemiologia e conseguenze dei disturbi bipolari L’esordio del disturbo avviene prima dei 25 anni di età, ma al pari della depressione vengono osservati con frequenza crescente anche tra i bambini e gli adolescenti. Sebbene i disturbi bipolari colpiscano con la stessa frequenza sia gli uomini sia le donne, gli episodi depressivi sono più comuni ta le donne che hanno ricevuto una diagnosi di disturbo bipolare che non tra gli uomini.

Il disturbo bipolare I è tra le forme più gravi di disturbo mentale. I tassi di suicidio sono elevati sia nel disturbo bipolare I sia nel II. I soggetti affetti da disturbi bipolari sono ad altro rischio per molte altre patologie, comprese le malattie cardiovascolari, il diabete mellito, l’obesità e le disfunzioni tiroidee. I soggetti affetti da ciclotimia hanno un rischio elevato di sviluppare episodi di mania e di depressione maggiore.

 

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Disturbi d'Ansia

L’ansia è definita come il senso di apprensione che si prova nell’anticipazione di un certo problema. La paura, invece, è una reazione a un pericolo immediato. Gli psicologi sottolineano questo dato di “immediatezza” tipico della paura, in contrasto con l’aspetto “anticipatorio” che caratterizza l’ansia; ovvero, la paura riguarda tendenzialmente una minaccia presente, mentre l’ansia tende a riguardare una minaccia futura. Sia l’ansia sia la paura implicano uno stato di arousal ovvero di attivazione del sistema nervoso simpatico.

All’estremo inferiore della scala delle sensazioni esperite, una persona in preda all’ansia può provare soltanto irrequietezza e tensione; dall’altro estremo, una persona in preda alla paura può sudare profusamente, avere il respiro affannoso e provare un irresistibile bisogno di fuggire via. L’ansia e la paura hanno anche un valore adattivo. La paura è fondamentale per le risposte di lotta o fuga. Nelle giuste circostanze la pura può salvare la vita (provate ad immaginare una persona che si trova davanti a un orso e non senta alcun impulso di scappare, nessun aumento di energia fisica e nessuna canalizzazione di quella energia verso una fuga rapida).

Ma in alcuni disturbi d’ansia, il sistema deputato alla paura non funziona adeguatamente e la persona prova paura senza che nell’ambiente circostante sia presente un vero pericolo. L’ansia ha valore adattivo in quanto ci aiuta a individuare e prepararci per future minacce, ci fa essere più pronti ad affrontare gli eventi, ci aiuta a evitare situazioni potenzialmente pericolose e a tenere conto di potenziali problemi prima che si presentino. I disturbi d’ansia costituiscono la diagnosi di disturbo mentale più comune.

I disturbi d’ansia costituiscono la diagnosi di disturbo mentale più comune. I disturbi d’ansia inclusi nel DSM 5 sono:

  •  fobie specifiche;

  •  disturbo d’ansia sociale;

  •  disturbo di panico;

  •  agarofobia;

  • disturbo d’ansia generalizzato.

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Fobie Specifiche

Per fobia specifica si intende una paura sproporzionata, provocata da un oggetto o da una situazione particolare, come ad esempio la paura di volare, la paura delle altezze. La persona riconosce che la sua paura è eccessiva e tuttavia è disposta a fare sforzi notevoli pur di evitare l’oggetto o la situazione che la provoca. Due delle forme più comuni di fobia specifica sono la claustrofobia, la paura degli spazi angusti e chiusi, e l’acrofobia, la paura delle altezze. Le fobie specifiche tendono a concentrarsi intorno a un piccolo numero di oggetti e situazioni temute.

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Il Disturbo D’Ansia Sociale

Si definisce disturbo d’ansia sociale una paura intensa, irrazionale e persistente, delle situazioni sociali che potrebbero implicare l’essere sottoposti al giudizio di persone sconosciute o anche soltanto esposti alla loro presenza. Nelle interazioni interpersonali, le persone con disturbo d’ansia sociale hanno la sensazione di avere tutti gli occhi addosso e che le altre persone aspettino solo l’occasione di valutarle e di registrare qualsiasi gesto imbarazzante possano commettere. Benché tutto ciò possa apparire simile alla timidezza, le persone con disturbo d’ansia hanno una maggiore tendenza a evitare le situazioni sociali, si sentono maggiormente a disagio in tali situazioni ed esperiscono questi sintomi per periodi più lunghi nell’arco dell’esistenza di quanto non accada alle persone timide.

Le caratteristiche del disturbo d’ansia sociale sono ampiamente variabili. La gravità del disturbo può variare da poche paure specifiche a un complesso di paure generalizzate. Per esempio, alcune persone possono avere paura di parlare in pubblico, ma non temono situazioni sociali di altro tipo. Una gamma più vasta di paure si accompagna in genere a una maggiore comorbilità con la depressione e l’abuso di alcol

Benché molte persone che soffrono di ansia sociale tendono a essere ritirate e sottomesse, vi è una grande variabilità nel modo individuale di affrontare la minacci del rifiuto sociale, e una piccola percentuale di queste persone risponde con aperta ostilità e aggressività. Il disturbo d’ansia sociale insorge solitamente durante l’adolescenza, quando le interazioni sociali acquistano più importanza, ma in alcuni casi i sintomi hanno il loro esordio già in età infantile. Se non viene adeguatamente trattato, il disturbo tende a cronicizzare.

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Disturbo di Panico

Il disturbo di panico è caratterizzato da attacchi di panico ricorrenti, non collegati a situazioni specifiche e dalla preoccupazione di soffrire altri attacchi. Un attacco di panico è un attacco improvviso di intensa apprensione, terrore e sensazione di disastro incombente, accompagnati da almeno altri quattro sintomi. Sintomi fisici includono dispnea, palpitazioni, nausea, mal di stomaco,
dolori al petto, senso di soffocamento e asfissia, capogiri, sudorazione profusa, brividi, sensazioni di intorpidimento e formicolio.

Altri sintomi che possono manifestarsi durante un attacco di panico sono il senso di depersonalizzazione (percepirsi come al di fuori del proprio corpo) e di derealizzazione (la sensazione che il mondo sia irreale), paura di perdere il controllo, di impazzire o perfino di morire. Non sorprende che spesso queste persone riferiscano di sentire, al sopraggiungere di un attacco di panico, un irrefrenabile bisogno di fuggire in qualunque situazione si trovino. I sintomi tendono a manifestarsi con grande rapidità e a raggiungere un picco di intensità nell’arco di 10 minuti.Al loro primo attacco di panico molte persone si rivolgono a un pronto soccorso ospedaliero, terrorizzate all’idea di stare avendo un infarto.

L’attacco di panico può essere visto come un malfunzionamento del sistema che preside alla paura:
sul paino fisiologico, la persona sperimenta un livello di attivazione del sistema nervoso simpatico analogo a quello che la maggioranza delle persone sperimenterebbe di fronte a una minaccia 
immediata che mettesse in pericolo la loro vita, dato che i sintomi sono per il soggetto inspiegabili, egli cerca di dare un senso a quella esperienza; se comincia a credere di stare per morire, perdere il controllo o diventare pazzo, con ogni probabilità sentirà ancora più paura.

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Agarofobia

L’agarofobia (dal greco agorà che significa letteralmente piazza del mercato) viene definita come la paura di situazioni da cui potrebbe essere difficile o imbarazzante allontanarsi, nel caso si manifestassero sintomi d’ansia. Situazioni tipicamente temute sono la folla e i luoghi affollati, come i negozi e i centri commerciali o anche le chiese. A volte si tratta di situazioni che non lasciano molte vie di fuga, come essere in treno, attraversare un ponte o trovarsi su strade a lunga percorrenza molti di coloro che soffrono di agarofobia sono incapaci di uscire di casa e quelli che ci riescono lo fanno con profondo malessere.

All’estremo inferiore della scala delle sensazioni esperite, una persona in preda all’ansia può provare soltanto irrequietezza e tensione; dall’altro estremo, una persona in preda alla paura può sudare profusamente, avere il respiro affannoso e provare un irresistibile bisogno di fuggire via. L’ansia e la paura hanno anche un valore adattivo. La paura è fondamentale per le risposte di lotta o fuga. Nelle giuste circostanze la pura può salvare la vita (provate ad immaginare una persona che si trova davanti a un orso e non senta alcun impulso di scappare, nessun aumento di energia fisica e nessuna canalizzazione di quella energia verso una fuga rapida).

Ma in alcuni disturbi d’ansia, il sistema deputato alla paura non funziona adeguatamente e la persona prova paura senza che nell’ambiente circostante sia presente un vero pericolo. L’ansia ha valore adattivo in quanto ci aiuta a individuare e prepararci per future minacce, ci fa essere più pronti ad affrontare gli eventi, ci aiuta a evitare situazioni potenzialmente pericolose e a tenere conto di potenziali problemi prima che si presentino. I disturbi d’ansia costituiscono la diagnosi di disturbo mentale più comune.

 
 

I disturbi d’ansia costituiscono la diagnosi di disturbo mentale più comune. I disturbi d’ansia inclusi nel DSM 5 sono:

  •  fobie specifiche;

  •  disturbo d’ansia sociale;

  •  disturbo di panico;

  •  agarofobia;

  • disturbo d’ansia generalizzato.

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Disturbo d'Ansia Generalizzata

La principale caratteristica del disturbo d’ansia generalizzato (GAD) è la preoccupazione persistente, spesso per cose di scarsa importanza. Il termine preoccupazione fa riferimento fa riferimento alla tendenza cognitiva a rimuginare su un problema senza riuscire a staccarsene. Spesso la preoccupazione persiste perché il soggetto non riesce a dare soluzioni al problema. Preoccuparsi è un’esperienza comune alla maggior parte di noi, ma coloro che soffrono di un disturbo d’ansia generalizzato sono preoccupati in modo eccessivo, incontrollabile e prolungato nel tempo.

Gli aspetti della vita su cui si incentrano le preoccupazioni sono simili a quelle che angustiano la maggior parte delle persone: le relazioni, la salute, la loro situazione economica e tutte le seccature della quotidianità. Nel GAD le preoccupazioni sono più intense e persistenti, tanto da interferire con la vita dell’individuo.

Oltre alle preoccupazioni incontrollabili, gli altri sintomi della GAD comprendono la difficoltà a concentrarsi, lo stancarsi facilmente, l’irrequietezza, l’irritabilità e tensione muscolare. L’esordio del GAD avviene tipicamente nell’adolescenza. Una volta sviluppato, il GAD spesso
cronicizza. Forse a causa del suo carattere cronico, il GAD ha una correlazione più stretta con l’insoddisfazione nella relazione coniugale di qualsiasi altro disturbo d’ansia; inoltre, riferiscono di avere meno amici.

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Disturbo Ossessivo Compulsivo e Disturbi Correlati a Eventi Traumatici e Stressanti

la diagnosi di disturbo ossessivo compulsivo DOC è basata sulla presenza di ossessioni e compulsioni. Le ossessioni sono pensieri, impulsi o immagini a carattere intrusivo e ricorrente, che si rivelano persistenti e incontrollabili (cioè la persona non ha alcun potere di bloccarli) e che spesso appaiono a chi li esperisce del tutto irrazionali. Le compulsioni sono comportamenti, o operazioni mentali, ripetitivi e chiaramente eccessivi, che la persona si sente chiaramente costretta a mettere in atto per ridurre l’ansia causata da pensieri ossessivi, o per scongiurare una catastrofe.

Benché razionalmente la persona sia consapevole che non c’è alcun bisogno di mettere in atto quei comportamenti, la persona teme che vi saranno conseguenze terribili, se non esegue quell’atto. La frequenza con cui un’azione compulsiva viene ripetuta può essere stupefacente. Tra le compulsioni più comuni vi sono:

  • casa, o chiedere ai visitatori di lavarsi prima di entrare a casa;dedicare molte ore al giorno a farsi delle docce, strofinare tutti gli oggetti appena entrati in  cercare di mantenere la pulizia e l’ordine, a volte tramite rituali molto elaborati, come

  • risolvere un problema di matematica o ripetere una parola più volte;eseguire pratiche ripetitive, alle quali la persona attribuisce un valore magico protettivo, come contare, toccarsi qualche parte del corpo.

  • controllare in continuazione di avere effettivamente eseguito certe azioni, ad esempio tornare indietro sette o otto volte di seguito per verificare di avere spento la luce, chiuso il gas o i rubinetti, serrato bene le finestre o chiuso a chiave la porta.

Il disturbo ossessivo compulsivo tende a insorgere prima dei 10 anni oppure nella tarda adolescenza/inizio della età adulta. Studi longitudinali suggeriscono che nella maggioranza dei casi i sintomi tendono a essere cronici.

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Disturbo di Dismorfismo Corporeo

Individui con disturbo di dismorfismo corporeo (DDC) provano un’intensa preoccupazione perché immaginano, o esagerano, uno o più difetti nel proprio aspetto fisico. Per quanto gli altri possano apparire attraenti, queste persone si percepiscono brutte o perfino mostruose. Per le donne, il focus dell’attenzione tende a concentrarsi sulla pelle, i capelli, i tratti del viso, le labbra, il seno e le gambe, mentre per gli uomini tende a concentrarsi sull’altezza, le dimensioni del pene e i capelli. Alcuni uomini sono afflitti dalla preoccupazione di essere di corporatura troppo minuta o insufficientemente muscolosa, anche quando si tratta di una percezione non condivisa da altri.

Le preoccupazioni dei soggetti con DDC hanno un carattere ossessivo in quanto per loro è molto difficile smettere di pensare alle loro preoccupazioni. In media, individui con DDC passano dalle tre alle otto ore al giorno a preoccuparsi del loro aspetto. Al pari delle persone con DOC, anche quelle che soffrono di DDC si sentono obbligate a impegnarsi in particolari comportamenti. Nel disturbo da dismorfismo corporeo, i comportamenti compulsivi più comuni comprendono controllare la propria immagine allo specchio, mettersi a confronto con altri, chiedere agli altri rassicurazioni sul proprio aspetto, fare ricorso a varie strategie per modificare o mascherare le parti del corpo che non piacciono, curandosi molto del proprio aspetto, cambiandosi spesso d’abito, truccandosi o attraverso l’abbronzatura o l’esercizio fisico.

Mentre alcuni trascorrono parecchie ore al giorno a osservarsi allo specchio, altri cercano invece di non confrontarsi col loro supposto difetto evitando gli specchi, le superfici riflettenti o le luci molto vive. Mentre la maggioranza delle persone cerca di sentirsi a proprio agio riguardo il proprio aspetto, coloro che soffrono di questo disturbo consumano un’incredibile quantità di tempo e di energia in questo genere di sforzi. I sintomi di questo disturbo provocano un estremo malessere. Circa un terzo delle persone con DDC si rende poco conto di avere una visione di sé eccessivamente negativa, inoltre sono convinte che agli altri i loro difetti appaiano grotteschi. Fino a un quinto di loro sceglie la chirurgia plastica, e molti si sottopongono a più interventi.

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Disturbo da Stress Post Traumatico e il Disturbo da Stress Acuto

Il disturbo da stress post traumatico e il disturbo da stress acuto vengono diagnosticati solo quando una persona sviluppa i sintomi in seguito a un evento traumatico. La definizione di questi disturbi si fonda sul concetto che esperienze terribili vissute dalla persona possono scatenare sintomi psicologici gravi. Il disturbo da stress post traumatico (DSPT) è caratterizzato da un’intensa risposta a un grave evento stressante, risposta che comprende un notevole aumento dell’ansia, ricordi ricorrenti dell’evento traumatico, emozioni e pensieri negativi, evitamento degli stimoli associati al trauma e sintomi di elevata attivazione fisiologica. Il trauma grave è un vento in cui la persona deve essere stata direttamente coinvolta in, oppure ha assistito a, un evento che ha implicato morte o pericolo di morte, oppure lesioni gravi o violenze sessuali.

 
 

L’esposizione al trauma è solo il primo elemento di cui questa diagnosi tiene conto. Oltre al trauma, la diagnosi di DSPT richiede la presenza di un insieme di sintomi. Nel DSM 5 sono raggruppati in quattro categorie principali:

  • riesperienza intrusiva dell’evento traumatico. Sogni o incubi in cui le persone rivivono il trauma notte dopo notte. Altre sono perseguitate da ricordi dolorosi e intrusivi, spesso evocati da indizi sensoriali che, per quanto trascurabili, sono però in grado di suscitare un’ondata di attivazione psicofisiologica (arousal).

  • Evitamento di stimoli associati con l’evento. La maggioranza delle persone con DSPT si sforza di evitare di pensare a ciò che è successo, e alcune cercano di evitare qualsiasi cosa faccia ricordare loro l’evento. Sebbene, a quanto loro stesso riferiscono, la maggior parte di queste persone faccia di tutto per evitare di ricordare e di rivivere l’evento, la strategia dell’evitamento in genere non funziona: la maggioranza afferma di ricordare l’evento fin troppo bene e troppo spesso.

  • Altri segni di pensieri e stati dell’umore negativi sviluppatisi in seguito al trauma. Molte persone si sentono profondamente distaccate dagli amici e da qualunque attività svolgano, per cui non c’è nulla nella vita che dia loro gioia. Mentre si pongono mille domande su quanto loro è accaduto e lottano contro i sensi di colpa, molte di loro si convincono di essere persone cattive, mentre altre arrivano a credere che nessuno al mondo sia degno di fiducia.

  • Sintomi di aumento della attivazione fisiologica e della reattività. Spesso la persona con DSPT si sente continuamente in guardia e tiene sotto costante controllo l’ambiente in cerca di possibili pericoli. Questo aumento della attivazione fisiologica può manifestarsi nella
    tendenza di queste persone a sobbalzare quando qualcosa le spaventa, ad abbandonarsi ad esplosioni di collera per eventi di poco conto, e ad avere grandi difficoltà ad addormentarsi o a dormire per l’intera notte.

     
     

    I sintomi del DSPT possono svilupparsi subito dopo il trauma, ma a volte non compaiono se non dopo anni di distanza dall’evento iniziale. Una vota che si è sviluppato, il DSPT tende a cronicizzare.

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Disturbo da Stress Acuto

La diagnosi di disturbo da stress acuto viene tratta quando i sintomi si manifestano in seguito a un evento traumatico. A parte la loro durata, più breve, i sintomi del disturbo acuto sono molto simili a quelli del DSPT. I sintomi durano da circa 3 giorni a 1 mese.

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Disturbi da Uso di Sostanze

Fin dalla preistoria gli esseri umani fanno uso di varie sostanze nella speranza di alleviare il dolore fisico, modificare il proprio umore o alterare gli stati di coscienza. Mentre le conseguenze dell’assunzione continuata di queste sono sostanze sono spesso devastanti, i loro effetti inziali sono in genere piacevoli, un fattore che forse è alla radice di questi disturbi. Per disturbo da uso di sostanze si intende l’uso disadattivo di una sostanza, tale da causare una menomazione significativa del funzionamento della persona.

 
 

La persona non riesce a mantenere i suoi obblighi e impegni sociali; l’uso della sostanza è ripetuto anche in situazioni in cui è fisicamente pericoloso; ripetuti problemi di relazioni legati alla sostanza; la persona continua a usare la sostanza, nonostante i problemi che essa causa; la sostanza viene assunta per un periodo più lungo o in quantità maggiori di quello che la persona vorrebbe; i tentativi di ridurne o controllarne l’uso non hanno successo; la persona dedica molto del suo tempo a cercare di procurarsi la sostanza; rinuncia o riduce le attività sociali, ricreazionali o lavorative. Il bisogno (craving) di usare la sostanza è forte.I due sintomi che spesso accompagnano la forma grave del disturbo da uso di sostanze sono la tolleranza e l’astinenza.

La tolleranza si manifesta attraverso la necessità di assumere la sostanza in dosi sempre più alte per ottenere l’effetto desiderato, oppure la marcata riduzione degli effetti quando la sostanza viene assunta nella quantità abituale. I sintomi di astinenza (withdrawal) sono gli effetti negativi fisici e psicologici che si manifestano quando la persona smette di assumere la sostanza o ne riduce la quantità. I sintomi da astinenza da una sostanza comprendono dolori e spasmi muscolari, sudorazione profusa, vomito, diarrea, insonnia. I disturbi correlati all’uso di alcol o di sostanze psicotrope sono fra i più colpiti da stigma sociale.

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Disturbi della Nutrizione e della Alimentazione

In molte culture vi è una grande attenzione nei confronti del cibo; i ristoranti di alta gastronomia abbandono e numerose riviste, blog, siti web e spettacoli televisivi sono dedicati alla preparazione dei cibi. Quindi forse non sorprende che molte persone siano sovrappeso e obese; mettersi a dieta per perdere peso è una pratica assai diffusa, e il desiderio di molti, specialmente delle donne, di essere più magri ha dato vita a un giro d’affari cospicuo. Considerato questo enorme interesse per il cibo e per l’alimentazione, non sorprende che tale aspetto del comportamento umano sia soggetto a svariati disturbi.

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Anoressia Nervosa

Il termine anoressia deriva dalla parola greca ἀνορεξία, traducibile letteralmente come mancanza di appetito, anche se concettualmente l’anoressia come disturbo psichico, non implica una perdita di appetito, ma un rifiuto prolungato e sistematico del cibo. La perdita di peso è autoindotta mediante l’evitamento dei cibi che fanno ingrassare, ed uno o più dei seguenti:

  • Vomito auto – indotto;

  • Purghe auto – indotte;

  • Esercizio eccessivo;

  • Uso di farmaci anoressizzanti e/o diuretici.

È presente una distorsione dell’immagine corporea, sotto forma di una specifica psicopatologia per cui il terrore di diventare grasso persiste come un’idea prevalente intrusiva e il paziente si impone un limite di peso basso. È presente una disfunzione endocrina diffusa riguardante l’asse ipotalamo – ipofisi – gonadi, che si manifesta nelle donne come amenorrea e nei maschi come perdita della potenza (un’eccezione apparente è la persistenza del sanguinamento vaginale in donne con anoressia che seguono una terapia sostitutiva ormonale, in genere sottoforma di pillola contraccettiva).

Vi possono anche essere elevati livelli di ormone somatotropo, aumentati livelli di cortisolo, modificazioni del metabolismo periferico dell’ormone tiroideo e anormalità della secrezione insulinica. Se l’esordio è prepuberale, la sequenza degli eventi puberali è rimandata, o persino arrestata (l’accrescimento cessa; nelle ragazze i seni non si sviluppano e c’è amenorrea primaria; nei ragazzi i genitali rimangono infantili). Con la guarigione la pubertà è spesso portata a completamento in maniera normale, ma il menarca si verifica più tardi.Il DSM 5 include due sottotipi di anoressia nervosa.

 
 

Nel sottotipo con restrizioni il decremento ponderale è ottenuto limitando drasticamente l’assunzione di cibo; nel sottotipo binge eating/condotte di eliminazione, la persona si sottopone regolarmente ad abbuffate e a condotte di eliminazione. Le conseguenze fisiche dell’anoressia nervosa. Il digiuno autoimposto e il ricorso a lassativi producono nelle persone con anoressia nervosa numerose conseguenze indesiderabili a livello biologico. Spesso si ha ipotensione, bradicardia, problemi renali e gastointestinali, osteoporosi, aridità della cute, fragilità delle unghie, alterazione dei livelli ormonali e una leggera anemia. Alcuni individui accusano perdita di capelli e possono sviluppare il cosiddetto lanugo, una fine e sottile peluria diffusa su tutto il corpo.

VTra il 50% e il 70% delle persone con anoressia alla fine guarisce. Tuttavia, spesso occorrono sei o sette anni per giungere alla guarigione, e prima che venga conseguita una modalità stabile di alimentazione e di mantenimento del peso corporeo le ricadute sono comuni. Caratteristiche cliniche dell’anoressia nervosa L’esordio dell’anoressia nervosa è graduale e insidioso, con progressiva riduzione dell’introito alimentare (a seguito di una dieta ipocalorica per migliorare l’immagine di sé); in altri casi a seguito di difficoltà digestive, malattie, depressione, interventi chirurgici o traumi, eventi di vita stressanti, cambiamenti di vita.

La riduzione dell’apporto calorico consiste nella restringimento delle porzioni e/o esclusione di alcuni cibi. Nel primo periodo si osserva una fase di benessere soggettivo dovuto a perdita di peso, al miglioramento della propria immagine, al sentimento di onnipotenza dato dalla capacità di controllare la fame; in seguito compaiono le preoccupazioni per la linea e la forma del corpo che diventano ossessive. La paura di “diventare grassi” non diminuisce con il decremento ponderale, in genere aumenta

parallelamente alla perdita di peso. La percezione e il significato attribuiti al peso e alla forma del copro sono distorti in questi individui.Alcuni si sentono globalmente in sovrappeso, altri ammettono di essere magri, ma sono convinti che alcune parti del corpo, in particolare l’addome, i glutei e le cosce siano “troppo grasse”.Possono adottare le tecniche più disparate per valutare dimensione e peso corporeo, infatti, è’ frequente il ricorso all’esercizio fisico eccessivo o meglio compulsivo,

l’uso persistente dello specchio, la verifica che la taglia dei vestiti sia rispondente ai canoni della magrezza e l’ossessione per la bilancia, si è altresì, impegnati al conteggio pedissequo delle calorie, si impiegano diverse ore per mangiare e/o a spezzettare il cibo in pezzi molto minuti.I sintomi ossessivo – compulsivi si aggravano anche a causa della riduzione dell’apporto calorico e del peso.I livelli di autostima sono influenzati dalla forma fisica e dal peso, in cui la perdita di peso è segno di autodisciplina, l’incremento viene esperito come perdita della capacità di controllo. In genere giungono all’osservazione clinica sotto pressione dei familiari, quando la perdita di peso è marcata; se, invece, è il soggetto stesso, di solito avviene per il disagio relativo alle conseguenze somatiche e psicologiche del disturbo, non per la preoccupazione del dimagrimento. Spesso mancano di consapevolezza della malattia oppure viene fermamente negata e si oppongono al trattamento.

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Bulimia Nervosa

Bulimia è un termine di origine greca che significa fame da bue. Tale disturbo comporta episodi durante i quali un rapido consumo di grandi quantità di cibo è seguito da comportamenti compensatori, quali il vomito, il digiuno o l’attività fisica eccessiva. Il paziente tenta di mitigare gli effetti ingrassanti del cibo mediante una o più delle seguenti procedure: vomito auto – indotto, abuso di purganti, periodi alternati di digiuno, uso di farmaci come gli anoressizzanti, gli estratti di tiroide o i diuretici. Quando la bulimia si verifica in pazienti diabetici, essi possono decidere di tralasciare il loro trattamento insulinico. La psicopatologia consiste in un terrore morboso della pinguedine. Il paziente fissa per se stesso un limite ben definito di peso, molto al di sotto di quello che costituisce il peso ottimale secondo l’opinione del medico. È spesso, ma non sempre, presente una storia di precedente episodio di anoressia nervosa con un intervallo variabile da pochi mesi a diversi anni. L’episodio in questione può essersi manifestato in maniera chiara oppure in forma ridotta, criptica, con una moderata perdita di peso e/o una fase transitoria di amenorrea.

 
 

Bulimia nervosa: caratteristiche cliniche Ci sono tre caratteristiche essenziali nella bulimia nervosa: ricorrenti episodi di abbuffate, ricorrenti
e inappropriate condotte compensatorie e livelli di autostima indebitamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo. Ciò che caratterizza le abbuffate è l’anomalia della quantità del cibo consumato piuttosto che il desiderio incontrollato di un alimento specifico. Tuttavia, durante le abbuffate gli individui tendono a mangiare cibi che altrimenti avrebbero evitato. L’esordio è in relazione a restrizione alimentare o in seguito a un trauma emotivo in cui non si riesce a padroneggiare il sentimento di perdita o frustrazione. L’abbuffata è preceduta da stati di umore disforico, condizioni interpersonali di stress, sentimenti di insoddisfazione per il peso e la forma del corpo, sentimenti di vuoto e solitudine; dopo l’abbuffata ci può essere una transitoria riduzione della disforia, ma in genere seguono umore depresso e autocritica.
Una crisi bulimica è accompagnata dalla sensazione di perdere il controllo; senso di estraneamento durante l’abbuffata, alcuni riferiscono esperienze simili a derealizzazione e depersonalizzazione.

I comportamenti autolesivi sono frequenti e correlati a storia di abusi fisici e/o sessuali durante l’infanzia. L’alimentazione è irregolare ed alterna digiuni protratti e crisi bulimiche con o senza vomito, seguite da sentimenti di autosvalutazione e vergogna. I soggetti si vergognano delle loro abitudini alimentari patologiche (crisi bulimiche in solitudini, pianificate, rapidità ingestione cibo). L’antecedente più comune ad un’abbuffata è un’emozione negativa. Altri fattori scatenanti comprendono condizioni interpersonali stressanti, restrizione dietetica, sentimenti negativi correlati al peso, alla forma del corpo e al cibo; e noia. Le abbuffate possono minimizzare o attenuare i fattori che hanno scatenato l’episodio nel breve termine, ma l’autosvalutazione e la disforia sono spesso conseguenze ritardate.

 
 

Un’altra caratteristica essenziale della bulimia nervosa è il frequente ricorso a condotte compensatorie inappropriate per prevenire l’aumento di peso collettivamente denominate condotte di eliminazione o eliminazione. Molti individui mettono in atto diversi metodi per compensare le abbuffate, il vomito autoindotto (80-90%) è la condotta compensatoria più comune riduce; gli effetti immediati comprendono la riduzione di malessere fisico, oltre che la paura della paura di aumentare di peso; in alcuni casi è l’obiettivo in sé, pertanto l’effetto ricercato, la persona si abbuffa per vomitare o vomita anche per piccole quantità di cibo. Gli individui possono adottare diversi metodi per autoindursi il vomito, compreso l’uso delle dita o di altri strumenti per stimolare il riflesso faringeo. In genere riescono a vomitare a comando. Altre condotte inappropriate comprendono l’utilizzo di lassativi e diuretici; inoltre possono digiunare per uno o più giorni o ricorrere all’attività fisica eccessiva per prevenire l’aumento di peso. 

Gli individui con bulimia nervosa ripongono un’enfasi eccessiva sulla forma e sul peso del corpo nella valutazione di sé, e questi fattori sono estremamente importanti nella determinazione del livello di autostima. E’ accertata la familiarità del Disturbo Depressivo e dell’abuso o dipendenza da sostanze 1. Tra i Disturbi Alimentari e le dipendenze si osservano caratteristiche comuni:
– tendenza a perdere il controllo (sulle sostanze o sul cibo);
– comportamenti compulsivi disfunzionali;
– mancanza di consapevolezza dei rischi dei comportamenti disfunzionali. Caratteristica comune tra AN e BN è rapporto conflittuale con il corpo (perfezionismo, ideale di magrezza e bellezza, bisogno di controllo, comportamenti autolesivi diretti e indiretti). Si possono, altresì, verificare dei comportamenti autolesionistici non suicidari di due tipi:
1. Impulsivi: comportamenti episodici, tagliarsi o bruciarsi la pelle, sbattere la testa o il pugno contro il muro, ecc.;
2. Compulsivi: comportamenti comuni e ripetuti, mangiarsi in modo grave le unghie, strapparsi i capelli.

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Disturbo da Alimentazione Incontrollata (BED)

Il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge eating disorder, BED) è caratterizzato da:
ricorrenti episodi di crisi bulimiche in assenza di ogni tipo di regolare condotta compensatoria inappropriata tipico della BN (no digiuno, no esercizio fisico eccessivo, no condotte di eliminazione). Si distingue da altri DA per epidemiologia (può insorgere a qualsiasi età e la percentuale tra il sesso maschile è del 40%) e per il rapporto con obesità e Disturbi dell’Umore. Il non controllo dell’alimentazione nel BED è legato più alla difficoltà a gestire le emozioni e il controllo degli impulsi, che non a un bisogno di controllo sul corpo tipico di AN e BN.

I criteri diagnostici del DSM 5 sono:
A. Episodi ricorrenti di abbuffate. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambe le modalità seguenti:
1. Mangiare, in un periodo preciso di tempo (ad esempio, entro un periodo di 2 ore), una quantità di cibo che è decisamente più grande di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo simile di tempo in circostanze simili;
2. Una sensazione di perdita di controllo relativo al mangiare durante l'episodio (sensazione che non può smettere di mangiare o controllare cosa o quanto si sta mangiando)

B. Gli episodi di abbuffate sono associati con tre (o più) dei seguenti elementi:
1. Mangiare molto più rapidamente del normale;
2. Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieno;
3. Mangiare grandi quantità di cibo quando non ci si sente fisicamente affamati;
4. Mangiare da soli a causa dell’imbarazzato per la quantità di cibo;
5. Sentirsi disgustato con se stesso, depresso o molto in colpa subito dopo.

 
 

C. Disagio marcato per quanto riguarda le abbuffate.
D. L’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi.
Gli individui con disturbo da binge – eating si vergognano dei loro problemi con l’alimentazione e tentano di nascondere i loro sintomi. L’antecedente più comune all’abbuffata è un’emozione negativa. Altri fattori scatenanti comprendono condizioni interpersonali stressanti; restrizione dietetica, sentimenti negativi correlati al peso e alla forma del corpo e al cibo; e noia.

Le abbuffate possono minimizzare o attenuare i fattori che hanno scatenato l’episodio nel breve termine, ma l’autosvalutazione e la disforia sono spesso conseguenze ritardate. Il disturbo si verifica in soggetto normopeso, sovrappeso e obesi. Il disturbo da binge – eating è distinto dall’obesità. La maggior parte degli individui obesi non si abbandona a frequenti abbuffate.

La riduzione dell’apporto calorico consiste nella restringimento delle porzioni e/o esclusione di alcuni cibi. Nel primo periodo si osserva una fase di benessere soggettivo dovuto a perdita di peso, al miglioramento della propria immagine, al sentimento di onnipotenza dato dalla capacità di controllare la fame; in seguito compaiono le preoccupazioni per la linea e la forma del corpo che diventano ossessive. La paura di “diventare grassi” non diminuisce con il decremento ponderale, in genere aumenta

parallelamente alla perdita di peso. La percezione e il significato attribuiti al peso e alla forma del copro sono distorti in questi individui.Alcuni si sentono globalmente in sovrappeso, altri ammettono di essere magri, ma sono convinti che alcune parti del corpo, in particolare l’addome, i glutei e le cosce siano “troppo grasse”.Possono adottare le tecniche più disparate per valutare dimensione e peso corporeo, infatti, è’ frequente il ricorso all’esercizio fisico eccessivo o meglio compulsivo,

l’uso persistente dello specchio, la verifica che la taglia dei vestiti sia rispondente ai canoni della magrezza e l’ossessione per la bilancia, si è altresì, impegnati al conteggio pedissequo delle calorie, si impiegano diverse ore per mangiare e/o a spezzettare il cibo in pezzi molto minuti.I sintomi ossessivo – compulsivi si aggravano anche a causa della riduzione dell’apporto calorico e del peso.I livelli di autostima sono influenzati dalla forma fisica e dal peso, in cui la perdita di peso è segno di autodisciplina, l’incremento viene esperito come perdita della capacità di controllo. In genere giungono all’osservazione clinica sotto pressione dei familiari, quando la perdita di peso è marcata; se, invece, è il soggetto stesso, di solito avviene per il disagio relativo alle conseguenze somatiche e psicologiche del disturbo, non per la preoccupazione del dimagrimento. Spesso mancano di consapevolezza della malattia oppure viene fermamente negata e si oppongono al trattamento.

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Disturbi di Personalità

La personalità può essere descritta come la caratteristica totalità dei tratti emozionali e comportamentali di una persona che la caratterizzano nella vita quotidiana in condizioni ordinarie; è relativamente stabile e prevedibile. Quando questa totalità sembra discostarsi dai limiti che si osservano nella maggior parte delle persone e quando i tratti della personalità sono inflessibili, maladattivi e causano un’alterazione funzionale significativa oppure un disagio si può diagnosticare un disturbo di personalità

Quando le difese funzionano efficacemente, i pazienti con disturbi di personalità sono in grado di controllare i sentimenti di ansia, depressione, rabbia, vergogna, colpa e altri aspetti affettivi. I soggetti spesso considerano il loro comportamento come ego-sintonico, cioè che non crea loro disagio, sebbene possa avere effetti negativi sugli altri. Inoltre, i pazienti possono essere riluttanti a iniziare un processo terapeutico, perché le loro difese sono importanti nel controllare gli effetti spiacevoli e di conseguenza non desiderano abbandonarle. Un’altra caratteristica fondamentale dei disturbi di personalità sono le relazioni dell’individuo con gli oggetti interni. Nel corso dello sviluppo vengono internalizzate particolari modalità del sé in relazione agli altri. Attraverso l’introiezione, il bambino internalizza un genitore o un’altra persona significativa, che diventa così una presenza interna che il bambino avverte come un oggetto, piuttosto che come il sé.

Attraverso l’identificazione, il paziente internalizza i genitori e le altre persone, in modo da incorporare nel sé e nei “;propri”; tratti di personalità i tratti dell’oggetto esterno. Queste auto-rappresentazioni e rappresentazioni dell’oggettos ono fondamentali per lo sviluppo della personalità. Attraverso l’esternalizzazione e l’identificazione proiettiva, gli aspetti delle auto- rappresentazioni e delle rappresentazioni degli oggetti sono rappresentate in scenari interpersonali, in cui gli altri sono costretti a svolgere un ruolo nella vita interiore del soggetto. Di conseguenza, i pazienti con disturbi di personalità sono caratterizzati da particolari modalità di relazioni interpersonali che originano da queste modalità di relazione con l’oggetto interno.

Esistono anche fattori legati al temperamento, alla famiglia e all’ambiente; alcuni fattori legati al temperamento identificati nell’infanzia possono essere associati a disturbi di personalità nell’età adulta: ad esempio, i bambini con temperamento pauroso possono sviluppare un disturbo evitante di personalità. Le disfunzioni del sistema nervoso infantile associate a segni neurologici lievi sono più comuni nei disturbi antisociale e nel disturbo borderline di personalità. I bambini con lesione cerebrale minima sono a rischio di vari disturbi di personalità, soprattutto il disturbo antisociale. I disturbi di personalità sono raggruppati in tre gruppi (cluster) A, B, C, distinti in base alla presenza di caratteristiche descrittive simili, fattore che comunque non implica un’analoga eziologia.

Rientrano nel cluster A:

  • il disturbo paranoide,  schizoide e quello  schizotipico

Gli individui che presentano tali disturbi hanno in comune eccentricità e stranezza del
comportamento e alcune modalità di pensiero.Rientrano nel cluster B:

  • Il disturbo antisociale di personalità, di borderline, istrionico e quello narcisistico di personalità.

Ciò che accomuna questi disturbi è la difficoltà nel modulare stati affettivi intensi, l’impulsività, il timore reale o immaginario dell’abbandono. Rientrano nel cluster C:

  • il disturbo evitante,  dipendente; ossessivo  e quello   compulsivo.

Gli individui che presentano tali disturbi hanno in comune modalità di comportamento ansioso, pauroso e insicuro.

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PSICOSI PUERPERALE Disturbo Psicotico nel periodo successivo al parto

L’opinione comune vede la gravidanza come un periodo scontatamente felice. In realtà, una visione realistica dei fatti presuppone di guardare alla gravidanza come un momento di crisi e, come ogni crisi che posa definirsi tale, impone la riorganizzazione di una nuova identità, quella materna. Stern (1995) fa notare che “l’assetto materno” emerge gradualmente durante la gestazione e nei mesi successivi al parto. In diverse ricerche, Stern ha chiesto ad alcune donne quando hanno cominciato a sentire di essere diventate mamme, presupponendo che la risposta più frequente sarebbe stata quella relativa al momento del parto. In realtà, lo studioso arrivò alla conclusione che la maggior parte delle donne “diventa mamma” nell’arco di diversi momenti: la nuova identità può sbocciare in un qualunque momento durante la gravidanza, per stabilirsi con maggiore precisione dopo la nascita del bambino e continuando a svilupparsi anche dopo diversi mesi dalla gravidanza, “quando la mamma si rende conto di essere diventata tale ai suoi occhi”.

 
 

Il diventare madri necessita di uno specifico “lavoro della maternità” che comporta per la donna una serie di compiti psicologici, relazionali e pratici. La donna deve confrontarsi con l’immagine della propria madre, con il rapporto con il padre, con il partner, con il suo corpo, con la sessualità e con la procreazione. Tutto ciò genera uno stato di crisi che può portare a nuovi e più maturi equilibri, oppure a gravi fratture del precedente equilibrio. Il cammino della gravidanza non è uguale per tutte
le donne ma è un percorso fortemente individualizzato che dipende dalle caratteristiche soggettive, dall’ambiente familiare e sociale che circonda la donna, oltre che dal suo sistema di credenze. “

La psicosi puerperale è la più grave delle forme psicopatologiche del post-parto ed è considerata un insieme di psicosi funzionali innescate dalla maternità. Insorge tra il primo giorno e la sesta settimana di post-partum, verificandosi nello 0,1-0,2% delle donne in gravidanza. La psicosi
puerperale rappresenta a tutti gli effetti un’emergenza psichiatrica. “Un elevato rischio di suicidio e figlicidio persiste quando il focus dei deliri e delle allucinazioni è sul bambino, percepito dalla mamma come un’entità malevola e minacciosa”. Lo scarso contatto con la realtà, inoltre, fa sì che la donna non riconosca di avere una patologia grave e, non di rado, rifiuta il trattamento.

Caratteristicamente la paziente inizia a lamentare stanchezza, insonnia e irrequietezza motoria e può avere episodi di pianto e labilità emotiva. In seguito possono comparire sospettosità, confusione, incoerenza, affermazioni irrazionali e paure ossessive sulla salute e il benessere del bambino. I deliri possono essere presenti nel 50% e le allucinazioni nel 25% delle pazienti. Sono anche comuni lamentele sull’incapacità di muoversi, mantenere la stazione eretta e camminare. La donna può avere la sensazione di non volersi prendere cura del bambino, di non amarlo e, in alcuni casi, di volere fare del male a sé, al bambino o a entrambi. I contenuti deliranti possono comprendere l’idea che il piccolo sia morto o malato.

La paziente può negare la nascita e può affermare di non essere sposata, di essere vergine, perseguitata, sotto un controllo esterno, o perversa. Le allucinazioni possono avere gli stessi contenuti e coinvolgere voci che dicono alla paziente di uccidere il bambino. L’esordio di floridi sintomi psicotici è solitamente preceduto da segni prodromici, come insonnia, agitazione, irrequietezza motoria, labilità dell’umore e lieve deficit delle capacità cognitive. Dopo l’esordio della psicosi la paziente può essere pericolosa per sé e per il neonato, secondo il contenuto del suo sistema delirante e il suo grado di agitazione. Una risoluzione favorevole è associata a un buon equilibrio psicologico nella fase premorbosa e alla presenza di una struttura familiare adeguata.