Psicopatologia del gioco d’azzardo

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Il gioco d’azzardo è una forma di intrattenimento antichissima. Le sue radici risalgono al 3000 a.C.

La parola azzardo deriva dal francese hasard, a sua volta termine di origine araba az-zahr che significa dadi.

Cohen e Hansen identificano l’origine del gioco d’azzardo nei rituali religiosi, nei tentativi dei popoli primitivi di presagire o forzare la volontà del fato; in origine, il gioco, era una vera e propria attività divinatoria.

Gli atteggiamenti delle diverse società nei confronti del gioco d’azzardo sono mutati nelle varie epoche, alternandosi fasi di pessimismo e fasi di totale proibizionismo come nel Medioevo. Attualmente si assiste ad una fase di legalizzazione del gioco d’azzardo e gli interessi economici che il gioco coinvolge tanto per il settore privato, quanto per quello pubblico, hanno incoraggiato gli Stati a promuovere politiche di incentivazione al gioco.

Negli ultimi anni, in tutto il mondo, il gioco d’azzardo è diventato un’attività di enorme rilevanza economica e di notevoli proporzioni sociali e anche in Italia rappresenta una pratica in forte espansione.

In Italia sono circa 30 milioni gli scommettitori nelle varie categorie dei giochi. Il gioco coinvolge fino al 70-80% della popolazione adulta; in quattro anni l’impiego di denaro da parte degli italiani per scommesse, gioco d’azzardo e lotterie è cresciuto, passando da 6.000 a 17.000 milioni di euro (Guerreschi, 1998).

La vera innovazione che si è sviluppata a partire dalla seconda metà del 1900 è il gioco d’azzardo telematico. Il giro d’affari del gioco in rete è stato stimato in 535 milioni di dollari per il 1998, in 995 milioni per il 1999.

Con l’avvento di internet, infatti, l’individuo può giocare da casa, 24 ore su 24, soddisfacendo la propria voglia di sfidare la fortuna mantenendo alto il proprio livello della privacy personale, dopo aver compilato un formulario con i propri dati personali e il numero di carta di credito, ricevendo login name e password; è sufficiente digitare la parola azzardo su un qualsiasi motore di ricerca, per visualizzare centinaia di siti che propongono casinò virtuali. Questa possibilità facilita lo sviluppo della compulsione nel gioco perché si può incorrere facilmente in un uso incontrollato e inopportuno del gioco on-line.

Secondo Young (2000), fondatrice del Centro per la dipendenza on-line, il soggetto affetto da gambling on-line compulsivo può presentare alcuni segni clinici:

1. Ha bisogno di giocare d’azzardo on-line con quantità sempre crescenti di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata;

2. È preoccupato per il gioco d’azzardo online;

3. Dice bugie ai membri della famiglia o altri per nascondere il protrarsi del gioco d’azzardo on-line;

4. È irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo on-line;

5. Ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre o interrompere il gioco d’azzardo on-line;

6. Gioca d’azzardo on-line per sfuggire problemi o per alleviare un umore disforico;

7. Ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo on-line;

8. Ha commesso azioni illegali come falsificazioni, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo on-line.

Aspetti psicologici del gioco

Il gioco è una tappa fondamentale dell’infanzia, è una delle esperienze formative attraverso la quale il bambino può misurarsi con i propri limiti, prendendo coscienza delle proprie qualità e potenzialità. Il gioco è lo strumento con cui il bambino si finge “altro da sé” ed esplora e sperimenta, protetto da finzione e fantasia, nuovi strumenti d’apprendimento. Per Winnicott (1981) il gioco è un passaggio dalla fantasia alla realtà, tramite esso il bambino entra in contatto con il mondo reale.

Il gioco nasce come attività ludica, come un’occupazione frivola e libera dai vincoli della vita reale, governato dalle leggi del divertimento.

Accanto alla dimensione sana del gioco esiste uno spazio ludico lacerato: la dimensione della patologia. Il gioco d’azzardo può infatti sviluppare una grave dipendenza, nota con la denominazione clinica di gioco d’azzardo patologico (GAP). Alcuni autori, come Shaffer (1996), hanno proposto di collocare le condotte di gioco dentro un ideale continuum, lungo un ipotetico percorso evolutivo che, mediante transizioni di livello, conduca al disturbo conclamato: al livello0 il soggetto non ha mai giocato; al livello 1 il gioco è inteso come forma di intrattenimento; al livello 2 il soggetto lamenta sintomi o mostra segni relativi a disordini nell’attività di gioco; al livello 3 il soggetto soddisfa i criteri per la diagnosi di GAP; al livello 4 il soggetto aggiunge alle categorie precedenti la manifestazione della volontà di entrare in trattamento. Quindi, a un estremo troviamo gli individui che praticano l’azzardo in forme socialmente adeguate, all’estremo opposto i giocatori devianti che esibiscono comportamenti persistenti e maladattivi, tali da compromettere la loro vita personale, familiare e professionale.

Caratteristiche del gioco d’azzardo

Il gioco d’azzardo può trasformarsi in una malattia progressiva che può colpire tutti indistintamente. In genere, il primo incontro con il gioco avviene insieme ad altri, ma se per molti resta un incontro limitato e circoscritto, per altre persone scattano dei meccanismi che portano a giocare con sempre maggiore frequenza, intensità e coinvolgimento. Nelle prime fasi il giocatore gioca sporadicamente, sente che può smettere con relativa facilità, è abbastanza moderato, gioca in maniera oculata, cerca di darsi dei limiti e se sconfina ha la sensazione di poter recuperare e smettere. Le vincite gli offrono la sensazione di poter guadagnare facilmente e divertirsi, mentre le perdite sono vissute come parentesi e razionalizzate dalla speranza di potersi rifare. L’avvicinamento iniziale può derivare da svariate ragioni e il gioco offre una distrazione, una fuga, una possibilità di eccitazione che nella vita non si riesce ad avere e, mentre la realtà diventa sempre più problematica, il mondo del gioco diventa sempre più il mondo “vero”.

Il gioco diventa una sorta di fuga psichica dalla realtà, Lavanco (2002) sostiene che è una fuga che protegge l’individuo dai problemi del mondo esterno e lo aiuta a conviverci.

Il gioco diventa una sorta di “ammortizzatore sociale delle crisi”, perché chi gioca in qualche modo si allontana da esse e cisi può così convivere. Il gioco diventa in questo modo un espediente di sopravvivenza che tutela la vita. Il gioco consente un’evasione temporale e normativa che adempie a tre funzioni: quella biologica del gioco che è una compensazione di un malessere; la funzione ludica dove c’è l’esplicitazione di un benessere; quella regressiva del gioco che nasce da un uso smodato della funzione biologica.

Infatti, a poco a poco, il soggetto viene assorbito dal gioco d’azzardo, fantastica successi strabilianti, sfida la sfortuna, certo di non poter perdere.

Quello che conta per un giocatore patologico è essere in azione, rischiare, provare a sé stesso di riuscire a vincere. Ma il giocatore sovrastima le proprie capacità di riuscita, impegna e dedica al giorno una crescente quantità di denaro e di tempo, ma inutilmente perché è destinato a perdere. Inizia così il chasing, cioè l’inseguimento delle perdite. Spesso, infatti, dopo una prima fase caratterizzata da vincite esaltanti, la tendenza dell’individuo predisposto all’abuso è di rincorrere altre vincite, aumentando la frequenza di gioco e le puntate. Quando inizia a perdere, attribuisce ciò a un periodo sfortunato e tende ad aumentare il fattore rischio, nell’illusione di poter ottenere vincite più alte. Le perdite a questo punto superano le vincite e inizia la fase dell’inseguimento delle perdite.

Fasi dello sviluppo del gioco d’azzardo

La fase vincente è caratterizzata da gioco occasionale, frequenti vincite, eccitazione che precede e accompagna le scommesse, maggior numero di giocate e maggiore quantità di denaro puntato, fantasie di successo, realizzazione di una grossa vincita, ottimismo irragionevole.

La fase perdente è caratterizzata da gioco solitario, millanterie connesse con il gioco, focalizzazione del pensiero, episodi di perdita prolungata, incapacità di astensione, richieste di piccoli prestiti finanziari, menzogne, scarso interesse per la famigli/il coniuge, inosservanza degli obblighi lavorativi, accumulo di debiti, irritabilità, agitazione, ritiro, vita familiare infelice, richieste via via crescenti di denaro, insolvenza.

Infine, la fase della disperazione è caratterizzata da marcato aumento del tempo e delle risorse impiegate nel gioco, reputazione compromessa, alienazione degli amici e della famiglia, rimorso, panico, azioni illegali, disperazione, ideazione suicidaria, divorzio, abuso di sostanze, esaurimento nervoso, sindrome astinenziale.

La prima fase, secondo Custer (1995) è una fase tipicamente maschile poiché le donne difficilmente attraversano una fase iniziale di vincita, a causa dello scarso interesse per i numeri e le strategie di gioco. Durante questa fase, che dura generalmente dai tre ai cinque anni, i giocatori vincono più spesso di quanto perdono e ciò rinforza nel giocatore la convinzione di essere più abile degli altri e di essere un gran giocatore. Spesso si percepiscono come professionisti, sviluppando fantasie di vittoria e di successi strabilianti.

Durante la seconda fase, che dura mediamente oltre i cinque anni, il giocatore spende sempre più tempo e denaro nel gioco, cambia il tipo di scommesse, punta su giochi che gli danno poche possibilità di vincita, ma che promettono vincite molto alte. A causa del pressante bisogno di denaro con cui giocare, il giocatore incomincia a chiedere prestiti e iniziano le bugie. Queste ultime servono al giocatore per continuare ad apparire agli altri come un giocatore fortunato ed abile e mantenere così inalterata la considerazione che gli altri hanno di lui. Le bugie coinvolgono tutte le sue attività, parla spesso della sua abilità nel gioco e delle sue vincite, molto più raramente accenna alle perdite.

Nell’ultima fase il giocatore ha totalmente perso il controllo sul gioco. Ha bisogno di giocare per alleviare le pene, per lo più causate dal gioco stesso, e continua a giocare benché sappia che continuerà a perdere. Anche le bugie sono orma fuori dal suo controllo e quando gli altri non credono alle sue bugie, diventa aggressivo e arriva ad accusarli di essere causa del suo problema. Ha bisogno di ottenere denaro con cui giocare e la sua famiglia prende in considerazione l’idea di abbandonarlo. In questo periodo possono fare la comparsa attività illegali da parte del giocatore, quali appropriazioni indebite e furti di vario genere: il giocatore considera il denaro, così ottenuto, come un prestito da restituire al più presto grazie alla grossa vincita che lui è sicuro di ottenere da lì a poco.

Il giocatore dopo avere attraversato la fase vincente, la fase perdente e quella della disperazione, vive una fase cruciale. In questa fase il soggetto perde la speranza, la famiglia entra in una spirale di cui è impossibile vedere la fine, il giocatore persiste nel suo comportamento, e riesce ancora a mostrarsi come persona in possesso del totale controllo sulla sua attività di gioco. Esteriormente incolpa tutti tranne sé stesso per la situazione nella quale si trova, mentre internamente, il giocatore è in una situazione di estrema angoscia. Il suo desiderio di autopunirsi lo porta a pensare al suicidio. La mancanza di informazioni sulla patologia, uniti ad un senso d’orgoglio, impediscono al partner di capire che deve reagire. Devono succedere episodi traumatici quali un arresto del giocatore o un tentativo di suicidio affinché il coniuge dia un ultimatum al suo partner oppure lo abbandoni.

Successivamente il giocatore vive una fase critica, nella quale esprime un sincero desiderio di aiuto, è mosso dalla speranza, si mostra realistico e smette di giocare, si schiarisce le idee, torna a lavorare, incomincia a risolvere i suoi problemi e inizia un programma di risarcimento ai creditori. Inizia poi una fase di ricostruzione, durante la quale si verifica un miglioramento dei rapporti familiari, il giocatore torna a rispettarsi, trascorre più tempo con la famiglia. Infine, si arriva a una fase di crescita i cui si diminuisce la preoccupazione per il gioco, il giocatore ha maggiore comprensione per gli altri e inizia a dare affetto agli altri.

Gioco d’azzardo patologico

Il gioco patologico è caratterizzato da un’eccessiva ossessione per il gioco e da una perdita di denaro significativamente sostenuta.

Greenberg (1980) ha proposto alcune caratteristiche per identificare il giocatore normale: il desiderio di rilassarsi, l’incentivo del guadagno, il piacere che deriva dalla stimolazione di varie funzioni dell’Io, l’attrazione per il rischio.

Il gioco può provocare stress e tensione ma anche la sensazione di essere importanti e potenti. Si è ipotizzato che quando la tensione è prolungata, specialmente dopo una perdita, il soggetto gioca nuovamente per provare la stessa sensazione. Il piacere del gioco in sé e l’euforia della vincita riescono a perpetuare questo ciclo di eventi.

Sintomi del gioco d’azzardo

I sintomi più specifici sono rappresentanti dall’emergere di fenomeni di craving e astinenza. Il craving è un desiderio irrefrenabile, soggettivo, che si manifesta come una tensione o una spinta alla ricerca di comportamenti di gioco. L’astinenza riguarda invece l’insieme dei fenomeni fisici, ma soprattutto psicologici, che si verificano dopo la sospensione del gioco (ansia, nervosismo, depressione, insonnia).

La necessità del giocatore patologico di scommettere quantità sempre crescenti di denaro, richiama il concetto di tolleranza; i vissuti d’ansia, irrequietezza, irritabilità e il malessere fisico avvertiti nel periodo di sospensione dal gioco sono paragonabili ai sintomi della sindrome astinenziale; le conseguenze avverse che scaturiscono dalla condotta di gioco maladattivo ricordano gli esiti negativi dell’uso compulsivo di sostanze.

La particolarità de gioco d’azzardo patologico rispetto alle altre dipendenze, risiede nel ruolo che in questa patologia viene svolto da denaro. Nelle altre dipendenze il denaro è un mezzo per procurarsi la sostanza o attuare il comportamento da cui si è dipendenti, nel gioco d’azzardo patologico ha sia la funzione di mezzo che di fine, perché il denaro è il mezzo con cui giocare per ottenere denaro.

Per il giocatore d’azzardo ciò che conta realmente è l’azione, uno stato di euforia e di eccitazione paragonabile a quello indotto dalla cocaina o altre droghe.

Mentre le tossicodipendenze sono un esempio di tutte quelle dipendenze (come alcol, psicofarmaci, eroina) in cui la persona cerca un ripiegamento su sé stessa, il gioco d’azzardo sembra invece tutto teso all’ottenimento di un uovo sé più esaltato, vittorioso e potente. Dietro al gioco d’azzardo, infatti, non c’è necessariamente una situazione di sofferenza, anzi, il dolore non sembra essere né l’elemento scatenante né quello mantenente. Ciò che, invece, sembra essere il gioco è la ricerca ossessiva di un’immagine di sé migliore e trionfante.

Il fattore psicologico di base presente in tutti i tipi di dipendenza è la mancanza di autostima. Il giocatore ha un bisogno disperato che si pensi bene di lui e vuole a tutti i costi essere vincitore nella vita, così come nel gioco. I dipendenti dal gioco hanno un’immagine negativa di sé stessi già prima di mettersi a giocare, perché tale immagine non è il risultato dell’umiliazione che si subisce restando vittima della spirale del gioco, ma è proprio il motivo per cui accade. La scarsa autostima rende le persone più vulnerabili all’insorgenza di ossessioni, soprattutto se queste ultime sono in grado di liberarle dalla scarsa considerazione di sé stesse e permettono loro di immaginarsi ricchi e potenti.

Nei soggetti con gioco d’azzardo patologico sono presenti elevati tassi di depressione maggiore, disturbo bipolare e disturbo ciclotimico.

Si è constatato un legame tra il gioco patologico e alcuni disturbi mentali, quali la psicosi maniacodepressiva, l’iperattività con deficit di attenzione, l’agarofobia, i disturbi ossessivo – compulsivi. A tutto ciò bisogna aggiungere i disturbi legati allo stress, tipici dei giocatori patologici: il tasso di dolori epigastrici, insonnia, ulcera, coliti, ipertensione, malattie cardiache, emicranie e problemi dermatologici, è di molto superiore tra i giocatori patologici rispetto al resto della popolazione.

Le principali cause potrebbero essere di vario tipo:

1. Neurobiologiche, ovvero la disfunzione di sistemi neurotrasmettitoriali.

2. Genetiche, ovvero i parenti di primo grado hanno probabilità maggiori di sviluppare il disturbo.

3. Ambientali, ovvero situazioni stressanti ed educazione nell’ambiente familiare.

Come uscire dal gioco d’azzardo patologico?

Il gioco d’azzardo compulsivo può essere trattato. Il trattamento inizia con il riconoscimento del problema da parte di chi ne soffre.

Il supporto psicologico è volto ad intervenire su tutti gli aspetti della vita del soggetto, che siano stati coinvolti negativamente dal gioco d’azzardo patologico. Va comunque sempre tenuto presente, che, il supporto e il sostegno va modulato in base alle specifiche esigenze di ogni singolo paziente.

L’aspetto motivazionale è di fondamentale importanza quando si inizia a trattare una dipendenza. In assenza di motivazione non si può innescare un processo di cambiamento.

Nella maggioranza dei casi l’utente si rivolge al professionista per cercare un aiuto per risolvere la sua situazione economica; egli non ha consapevolezza della sua situazione rispetto al gioco d’azzardo, facendo risalire le sue disavventure economiche ad un periodo di sfortuna transitoria. Il colloquio di motivazione deve porsi come primo obiettivo quello della costruzione della motivazione al cambiamento, gestendo la resistenza che il soggetto mostra.

Bibliografia

Custer RL, Milt H. When luck runs: help for compulsive gamblers and their families. New Yirk: Warner Books 1985

Greenberg HR. Psychology of gambling. In: Kaplan HI, Freedman AM, Saddock BJ, editors. Comprehensive textbook of psychiatry. 3rd ed. Baltimore MD: Williams e Wilkins 1980, pp. 3274-82

Lavanco G. Psicologia del gioco d’azzardo sociale. Famiglia Oggi 2002:4:1-106

Shaffer HJ. Understanding the means and objects of addiction: technology, the Internet, and gambling. J Gambl Stud 1996;12:461-9

Winnicott DW. Gioco e realtà. Roma: Armando 1981

Young KS. Presi nella rete. Intossicazione e dipendenza da Internet. Bologna: Calderoni 2000.